Il silenzioso mondo interiore dei diversamente abili
Sindrome
dello Spettro Autistico
Il 2 aprile scorso
si è celebrata la Giornata Mondiale dell’Autismo, istituita dall’assemblea
generale dell’ONU nel 2007 con l’obiettivo di sensibilizzare la comunità
internazionale sulle caratteristiche e manifestazioni di tale
condizione.
Secondo gli esperti
un bambino ogni 100 presenta un disturbo dello spettro autistico, ma il
fenomeno è in crescita e in Italia il problema coinvolge circa 500.000
famiglie.
L’esordio dell’autismo
si manifesta fra i 14 e i 28 mesi e la malattia dura tutta la vita. Si tratta
di una patologia del neurosviluppo caratterizzata da un’organizzazione atipica
di alcune funzioni mentali e delle relative aree del cervello.
L’autismo interessa
le normali abilità di interazione e di comunicazione sociale, con evidenti
ricadute anche sulle capacità cognitive, di studio e di lavoro, che in età
adulta appaiono fortemente compromesse dal deficit neurologico.
I sintomi con i
quali si manifesta la sindrome sono una spiccata sensibilità agli stimoli
sensoriali esterni, la stereotipia, come predisposizione a comportamenti
ripetitivi e rigidi nella sequenza delle loro azioni, unitamente alla scarsa
motivazione alla socializzazione reciproca.
L’origine della
patologia è genetica, ma concorrono anche fattori ambientali, come
l’esposizione ad agenti inquinanti durante la gravidanza. Altri elementi di
rischio sono l’età avanzata del padre, il basso peso alla nascita o la forte
prematurità. Sono più colpiti i maschi, in percentuale, rispetto alle femmine.
Per l’autismo non
sono state ancora sperimentate terapie definitive di cura e di guarigione, ma
esistono trattamenti laboratoriali ed interattivi, come il parent training, che
migliorano significativamente sintomatologia e qualità di vita dei pazienti.
Ad ogni modo,
l’autismo non va confuso assolutamente con altre patologie come le psicosi o le
schizofrenie, essendo piuttosto un disturbo e una condizione, che una malattia.
Per capire meglio la
natura del disturbo, abbiamo incontrato alcuni genitori dei bambini e dei
ragazzi affetti dalla sindrome.
Le mamme sono state
molto disponibili al dialogo e al confronto, sostenendo che la condizione dei
loro figli era differente da quella dei ragazzi autistici di oggi, perché
trent’anni fa la sindrome dello spettro autistico era assai poco conosciuta, la
sua diagnosi si presentava difficile, e avveniva con grande ritardo rispetto al
manifestarsi dei primi sintomi.
I loro figli, da
bambini, avevano difficoltà di espressione verbale, ed evidenziavano alcune
atipicità del comportamento sociale ed affettivo, spesso non riconoscendo la
figura materna, e non associando il nome di “mamma” alla genitrice che di loro
si prendeva prevalentemente cura. Più tardi, i bambini autistici cominciavano a
manifestare dei deficit di socializzazione, isolandosi dal contesto, e
ripetendo sempre le stesse azioni, con precisione maniacale, come ad esempio
fare collezione di macchinine, per poi metterle in fila ordinata senza
giocarci.
Gli autistici hanno
un mondo interiore che faticano ad esprimere e a raccontare agli altri, e che
solo un grande amore può tentare di ascoltare e comprendere, per entrare in
contatto con la loro sensibilità. Sono, tuttavia, persone genuine, che non
conoscono la menzogna sociale, e appaiono esternamente quali effettivamente
sono anche dentro. Hanno molto da insegnare a chi si avvicini loro con spirito
di amicizia e di fraternità, senza dimenticare che al mondo esistono situazioni
croniche di svantaggio, ma vi sono anche tanti accadimenti che possono
aggiungere quella condizione di difficoltà a chi nasce senza un particolare
disagio.
Gli interventi sui
ragazzi affetti da disturbo dello spettro autistico devono essere quanto più
possibile precoci, perché vi sono alcuni casi nei quali la stimolazione
sensoriale, e la spinta motivazionale ad agire, risultano elementi fondamentali
per fermare la progressione della disabilità e per lavorare alla valorizzazione
di quelle abilità diverse che i bambini autistici manifestano di possedere.
Parlando con i
genitori di questi ragazzi è emerso che un loro cruccio è legato alla
preoccupazione per il futuro dei loro figli, quando resteranno soli. Ed è
proprio per questo motivo che molti di loro li vogliono costantemente
monitorati e seguiti in strutture protette, che possano alimentare quel senso
di autonomia e di indipendenza dalle figure di riferimento parentali ed
affettive, in generale, dove le differenti azioni di stimolazione sensoriale e
gli interventi di tipo motivazionale posti in essere sono finalizzati ad
attivare le loro risposte emotive e cognitive. A differenza di quanto temono i
loro genitori, i ragazzi autistici non hanno, infatti, alcuna percezione della
loro diversità, perché vivono come condizione di normalità quella nella quale
si trovano. Per questo stesso motivo, non esiste in loro alcun tipo di
recriminazione né di insoddisfazione rispetto agli altri ragazzi loro coetanei,
per quella differenza che spesso alimenta la prostrazione di chi, come i
parenti più prossimi, vuole loro del bene.
Dal confronto con i
genitori è emerso, infatti, che esistono differenti tipologie di autismo:
quello ad alto funzionamento, che permette di occuparsi anche di attività
complesse e di studi più elevati dal punto di vista cognitivo, ma non di
svolgere le normali mansioni quotidiane, come prepararsi un panino o un caffè;
e quello a basso funzionamento, che si adatta ad un quoziente intellettivo più
basso, e che non consente di studiare e di approfondire più di tanto, ma nel
quale permane come elemento di identificazione, l’estremo disagio nello
svolgimento delle azioni quotidiane che richiedono una buona dose di autonomia
personale.
Pare che proprio il padre della fisica
classica, Isaac Newton, fosse affetto dalla Sindrome di Asperger, o autismo ad
alto funzionamento. Quasi del tutto incapace di sostenere le relazioni e i
rapporti umani, viveva chiuso nel suo isolamento, ma era tuttavia uno studioso
d’eccezione.
La difficoltà
dell’autistico nasce, difatti, proprio dalla sua incapacità a gestire lo stress
e l’ansia che derivano da compiti non conseguenziali tra loro, e non utilmente
inquadrabili in azioni specifiche e settoriali. Una mamma riferiva ai ragazzi
liceali della difficoltà di comprensione della parola “cavatappi” nel figlio,
se questi non si trovava in cucina al momento della sua richiesta. Pertanto lei
doveva fare attenzione a non menzionare al figlio oggetti che, di volta in
volta, non si fossero trovati nella stanza in cui erano insieme, perché questo
avrebbe generato in lui un’ansia intollerabile e ingestibile. Ansia che
scompariva del tutto se il ragazzo si trovava in cucina, magari vicino ad una
bottiglia da stappare. In quel caso avrebbe eseguito con successo,
immediatamente e puntualmente, il compito di prendere il cavatappi dal cassetto
delle posate.
La stessa mamma ha
riferito delle problematiche che ha poi dovuto affrontare in prima persona,
quando gli è stato finalmente comunicato lo stato del figlio. Leggendo una
letteratura ormai desueta, è giunta perfino a sentirsi in colpa, e a mettersi
in discussione, come madre, per la condizione del figlio. In tempi ormai non
proprio recenti, si credeva, infatti, che l’autismo fosse una conseguenza del
rapporto sbagliato madre-figlio, improntato alla freddezza delle cosiddette
madri frigorifero che, avendo subito una gravidanza indesiderata, o non
propriamente voluta, non riuscivano ad accettare un rapporto equilibrato e sano
con la prole. Nulla di più falso ed errato.
Vi è poi sempre un
lutto da elaborare nei genitori di questi bambini speciali, chiamati figli
della luna, perché chiusi nel loro mondo interiore, fatto di solitudine e di
isolamento, ma detti anche blu, dal colore scelto dall’ONU per identificare la
sindrome. Dopo il senso di colpa sopraggiunge, infatti, la disperazione per non
aver avuto quel figlio tanto desiderato e sognato. Ed anche con questo lutto
interiore bisogna fare i conti.
Solo dopo aver messo
in pace la propria coscienza e le personali frustrazioni, i genitori possono
dedicarsi interamente a questi bambini, enormemente bisognosi di amore e di
cure continue.
Testimonianze
toccanti di vita vera, che spiegano il disagio umano molto più di quanto non
avrebbe potuto mai fare qualunque libro specialistico.
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