Migranti


Sui migranti esiste un problema che è molto più serio di come lo sta ponendo l'Italia, in questo momento.

La questione è di interesse comune, planetaria. Perché i flussi migratori interessano tutti i paesi, e non se ne può fare una cosa nazionale.

Purtroppo, alcuni politici eletti dal popolo, stanno cavalcando l'onda dell'attuale sentire.
In un periodo storico come quello che stiamo vivendo, tra disoccupazione, crisi economica, e aumento della violenza e della barbarie sociale, il migrante non è ben accolto, né tollerato. E diventa il capro espiatorio di una tensione sociale alle stelle, che non trova altre vie di fuga per la sua risoluzione pacifica.

Su questo generale malcontento si sono innestati i pregiudizi che ormai infiammano gli ideali di certa pessima destra, che chiude frontiere e porti, aggirando, così, il problema, piuttosto che impegnarsi a risolverlo.

La questione migratoria non può non interpellarci tutti, chiamandoci, come esseri umani, a fornire risposte adeguate a crisi e flussi di tale portata.

I migranti sono un problema generale dell'Europa e del mondo, e non possono essere confinati alla decisione di aprire o meno le frontiere nazionali italiane, per accoglierli. 

Partendo dal presupposto che chi sta bene a casa sua non lascia il suo paese, la patria, gli affetti e magari anche un lavoro, è evidente che, violenze subite a parte, questa povera gente abbandona i luoghi natii nella disperazione più nera, e nella convinzione, magari errata, ma sognata, di trovare un altrove di speranza e di futuro. Quello stesso futuro che, a casa, non è più possibile immaginare e progettare.

Pensando a questo, se vogliamo rimanere umani, non possiamo parlare di crociere, o di pacchia, trattandosi di gente che soffre pesantemente lo sradicamento dalla propria terra, dove, per mancanza di cibo, di lavoro, di pace o di libertà, non è pensabile ancora restare.
Indipendentemente da quello che fanno gli altri paesi, ai quali è necessario fare presente con forza i loro doveri, nel contesto di un'Unione Europea che deve affrontare i flussi migratori rispondendo con soluzioni politiche all'emergenza che si è creata, abbiamo il dovere di accogliere chi ci chiede aiuto.

Fermare l'ondata migratoria, impedendo alle navi di muoversi dai paesi di partenza, è anche questa un'azione non risolutiva della crisi.

Iniziare a pensare a politiche del lavoro agricolo più rispettose della dignità dei braccianti, e dei raccoglitori di uva e pomodori, può invece essere un primo passo per impedire lo sfruttamento di questa gente, ridotta a manodopera schiavistica di quei lavori che gli italiani non vogliono più fare.

La soluzione perciò non è il pugno di ferro, non è la chiusura delle frontiere o dei porti. E non può essere improvvisata da un'Italia che, da un giorno all'altro, si sente fuori dall'Europa, passando da paese membro, a paese nemico dell'unione.

Occorre ragionare, sedendosi al tavolo dei 28, per ricercare, tutti insieme, soluzioni alternative, che tengano conto di questa immensa realtà storica dei flussi, che nessun politico, pur volendolo, potrà mai modificare, nel suo accadere. Perché tanto è.

E questo significa essere realisti, e concreti. Politici seri, in una parola, e non buffoni dell'ultima ora, a caccia di demagogici applausi, o di un nemico fantasma, che certamente non si può intravedere né nel migrante, né nell'Unione Europea, di cui l'Italia fa parte, così come essa si è costituita.
 

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