Jeans strappati
La moda che offende i poveri
Non riesco proprio a rassegnarmi, è più forte di me. Ma vedere giovani che vestono con i jeans bucati praticamente per tutto l'anno scolastico, anche quando piove e fa freddo (ma loro sentono caldo) mi ripugna.
Sarò all'antica, ma per fortuna mi sento ancora in buona compagnia, almeno tra i miei colleghi di lavoro.
Perché da un breve giro di opinioni, ho potuto constatare che non sono certo la sola a provare fastidio nel vedere, puntualmente ogni mattina, strappi in ogni dove.
E la moda ormai si estende al femminile come al maschile.
Ciò che mi disturba, soprattutto, è che questi ragazzi che si vestono come degli straccioni, ma sempre alla moda, hanno alle spalle famiglie che li seguono, e che assecondano ogni loro desiderio, persino quelli più costosi. Fino ad arrivare a spendere tanti quattrini per acquistare dei jeans già logori e vecchi, perché sono di moda.
Questi sono gli effetti del consumismo, e della globalizzazione selvaggia, ad ogni costo, che portano poi a credere di essere ciò che si ha. E Che non si ha valore se non si possiede il cellulare di grido, il motorino, il jeans strappato.
Ma scherziamo!?
Quando vogliamo davvero ricominciare a ragionare con le nostre teste per spiegare ai nostri figli che non è così che si diventa uomini e donne, che il possesso degli oggetti non fa la felicità, e che soprattutto non si può svendere il proprio cervello a chi mi vuole far credere che sono alla moda se mi vesto di stracci di tela strappata?
Una sana riflessione ci dovrebbe tutti condurre a pensare, invece, che questa moda del jeans logoro, oltre a non essere "opportuna" in ambiente scolastico, è una grande offesa alla povertà vera, di quelli che non si possono concedere di comprarsi un vestito, e sono costretti a portare quelli che hanno, fino a loro estrema consunzione.
Ma purtroppo la scuola ha dimenticato di essere il primo luogo, dopo la famiglia, deputato a trasmettere principi educativi ai giovani adolescenti. E si tollera anche l'intollerabile.
Un plauso a quelli che, come me, ancora resistono. E a tutti quei dirigenti scolastici che hanno avuto il coraggio di emanare ordinanze scritte a contrasto del cattivo gusto e della tristezza imperante che affollano le nostre scuole.
Io mi sento, relativamente a questo argomento, proprio come voi. Intollerante. E me ne vanto.
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