Nessuno come noi


La storia d'amore, bellissima, si presenta come la saga degli egoismi. Tutti vivono nel loro piccolo mondo senza voler indietreggiare di un millimetro dagli obiettivi che si sono dati. Ma proprio questa, che è l'apparente debolezza della narrazione scenografica, finisce per costituire il punto di forza indiscutibile di tutta la trama, in cui i personaggi hanno finalmente il coraggio di superare le loro ambiguità, spezzando l'ipocrisia delle convenzioni sociali, del mondo cui appartengono, per partire, fisicamente e metaforicamente, alla ricerca della felicità personale.


Il film italiano, per la regia di Volfango De Biasi, che ha come protagonisti Alessandro Preziosi e Sarah Felberbaum, nel ruolo, rispettivamente, del padre di un alunno e della sua docente di Italiano delle superiori, è tratto dal romanzo di Luca Bianchini.

La trama narra di una storia autobiografica, ambientata nella Torino del 1987, dove un'insegnante liceale di Letteratura Italiana incontra un suo collega, docente universitario, perché padre di un ragazzo che ha in classe.

In un ambiente borghese, fatto di non detti, dove l'agio è palpabile, ai limiti della noia e del nichilismo propri della società del benessere, è inevitabile che i due finiscano a letto insieme più volte, per trovare una via d'uscita alle reciproche infelicità.

Betty è reduce da un matrimonio finito male, dopo il quale, delusa dall'amore, rifiuta ogni contatto con l'altro sesso.

Umberto vive squallidamente nel lusso che gli assicura il suo matrimonio senza amore con una avvenente donna benestante, che si occupa di collezionare mobili e oggetti di valore, per impreziosire la sua casa, bella e algida come lo è lei.

Nel mezzo ci sono gli alunni di Betty e il figlio di Umberto, adolescente perennemente in fuga dalla claustrofobia dell'esistenza borghese che gli propongono i modelli genitoriali, ma al tempo stesso già plasmato nella noia della famiglia benestante, in cui non manca nulla, se non ciò che c'è di più importante al mondo.

I suoi rapporti col padre saccente, professorone ormai arrivato, sono tesi e ironici, privi di complicità e di affetto autentico. Perché i due non sanno capirsi reciprocamente sulla base di quell'amore che manca nelle loro vite.

La moglie di Umberto non si accorge di niente, paga di nutrire il suo ego, che coltiva attraverso gli oggetti di valore di cui si circonda, arredando la sua casa. E non comprende la sofferenza del marito, come non è capace di risolvere il disagio del figlio.

L'amore scoppiato come passione inarrestabile tra Betty e Umberto potrà colmare le mancanze di tutti, in questo misero quadretto di provincia, in cui ciascuno è alla ricerca di qualcosa che non c'è, pur nell'apparenza di un'esistenza piena e soddisfacente.

Con la consapevolezza di una serenità ormai ritrovata torneranno a posto i rapporti tra padre e figlio, ma a prezzo della rottura dell'equilibrio familiare della coppia, che viene invece infranto per sempre.

E delle loro vite, che prendono altre direzioni.

Betty fugge a Milano, Umberto la insegue. Ognuno va per la sua strada, dopo aver infranto i fragili equilibri sui quali erano costruite le loro vite solitarie, sebbene fatte di una solitudine diversa.

Un matrimonio va in pezzi. Ma forse la vita ricomincia altrove.

La storia d'amore, bellissima, si presenta come la saga degli egoismi. Tutti vivono nel loro piccolo mondo senza voler indietreggiare di un millimetro dagli obiettivi che si sono dati. Ma proprio questa, che è l'apparente debolezza della narrazione scenografica, finisce per costituire il punto di forza indiscutibile di tutta la trama, in cui i personaggi hanno finalmente il coraggio di superare le loro ambiguità, spezzando l'ipocrisia delle convenzioni sociali, del mondo cui appartengono, per partire, fisicamente e metaforicamente, alla ricerca della felicità personale.

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