In memoria di Liliana
Liliana Di Dato è stata intellettuale e donna di cultura, poetessa fine e sensibile del nostro tempo. Viaggiatrice intimistica dell'anima. Insegnante di scuola elementare, madre di tre figli e moglie devota di un uomo del sud, che ha seguito a Foggia dalla sua amata città di Livorno. Luogo dove ha voluto far ritorno, perché chi è poeta vuole morire in patria.
Ho conosciuto Liliana Di Dato dopo aver scritto il mio primo libro di poesie. Lei era una poetessa già nota. Per la presentazione della mia raccolta venne a scuola una mattina, all'epoca insegnavo al Sacro Cuore di Cerignola, accompagnata da Giucar Marcone, giornalista e amico di entrambe.
Scambiammo appena due parole, lei aveva letto il mio Autunno Lento, e iniziammo la giornata, che fu un trionfo di bellezza, nella scuola che inneggia alla bellezza.
Fin qui tutto bene. Ma la cosa che mi impressionò di più fu che, dopo quell'incontro, casuale, e organizzato dalla casa editrice, tutto avrebbe potuto concludersi barattando saluti reciproci e stima.
Ma Liliana iniziò a cercarmi. Non so perché, precisamente. Lei aveva un'età molto più vicina a quella della mia mamma, eppure cercava la mia compagnia, e chiedeva la mia amicizia.
Dalle telefonate, e dopo quelle, iniziarono i primi incontri. Una pizza, un caffé al bar, qualche serata letteraria, eventi di poesia. Poi passeggiate, e visite a casa. Io da lei andavo quasi sempre di domenica pomeriggio, perché ero più libera da impegni di lavoro. Lei quando poteva, passava a trovarmi con piacere.
Un bel periodo, di vicinanza, di scambio, di umanità. Lei si raccontava a me e io a lei. Mi consigliava, ma si sfogava anche.
Scoprimmo così che la vita non era stata generosa né con me né con lei. E questo, oltre la poesia, ci unì ancora di più. Era la prima volta che avevo un'amica così matura. Ma stavo bene in sua compagnia. E il piacere era reciproco.
Poi il marito di Liliana si ammalò, e lei iniziò a dedicarsi completamente a lui. I nostri incontri si fecero sempre più rari. Ma il telefono colmava la distanza. Distanza che ci avrebbe tenute lontane anche dopo il suo ritorno a Livorno.
Sì, perché in seguito alla morte del marito, lei decise che avrebbe dovuto tornare a casa, nella sua Livorno, città che aveva abbandonato dopo aver conosciuto l'uomo che poi aveva sposato.
Aveva bisogno dei figli, adesso che qui non le era rimasto più nessuno. E scelse di andar via.
Da allora sono passati circa tre anni. Fino a qualche tempo fa, diciamo un annetto a questa parte, pensavo ancora di poterla rivedere. Lei mi invitata spesso nella sua casa di Livorno. Era felicissima di essere riuscita a crearsi un piccolo spazio, che fosse tutto suo. E parlava sempre del mare, che poteva scorgere dalla finestra.
Io immaginavo attraverso i suoi racconti quel piccolo mondo di casa che lei mi narrava con soddisfazione.
Fino all'ultima, lunga, telefonata, con la quale, qualche giorno prima di Natale, mi faceva gli auguri, l'anno scorso. Era felice, e attendeva con gioia i figli in arrivo per le festività.
Ma l'atmosfera cambiò d'improvviso nel mese di gennaio, e con i primi freddi. Mi disse in un soffio che aveva preso una brutta influenza, che aveva febbri alte, che forse quei ritmi festivi l'avevano stressata troppo.
Ma l'influenza non passava, anzi peggiorava, diventando una bronchite prima, una polmonite, poi.
Liliana mi confidò di essere in ospedale, perché doveva curare la polmonite.
Ma uscì con una diagnosi sospetta. Aveva acqua nei polmoni. Primo intervento per aspirare l'acqua, e ancora dubbi.
Solo ad Aprile mi chiamò per raccontarmi tutto. Si era ammalata. Mesotelioma. Amianto - le avevano detto. E lei non riusciva a capacitarsi dove vi fosse entrata in contatto.
Secondo intervento. Riuscito? boh...
Chemio, prima, seconda...Non la tollero, mi diceva. Non resisto...
E in uno dei suoi ultimi messaggi "ormai passo da una chemio all'altra"...poi il silenzio, e un contatto del figlio che mi dice "mamma è ai suoi ultimi giorni. L'abbiamo sedata. Non soffre"...
Non sarà la quotidianità a mancarmi, Liliana. Mi avevi già abituata, lentamente, alla tua assenza.
Mi mancherà quel messaggio che non so più a chi scrivere. Quella telefonata, per sentire anche un solo filo di voce rispondermi di dover mettere subito giù perché c'era l'ossigeno, che non so più a chi fare.
Quella presenza empatica, nel dolore e nella gioia. L'abbraccio caro di una madre che sa anche essere amica preziosa e affezionata. Quel sentirmi dire "ma adesso dimmi di te".
Non sono riuscita a piangere nemmeno una lacrima, Liliana. Forse ne ho piante troppe. Forse mi sono indurita. Forse so che tra me e te c'è un filo invisibile che, se siamo immortali davvero, non si spezzerà mai. Ed è questo che voglio sperare e credere. Che tu ci sia ancora, che tu ci sia sempre. Che tu possa continuare a farmi compagnia. Anche se gli occhi non possono vedere. Anche se le parole si sono fatte ormai silenzio. Anche se la presenza si è risolta in assenza.
Perché oggi è Domenica. La prima senza di te. E manchi.
Commenti
E' dura rimanere quando i nostri grandi affetti vanno via, si allontanano da noi, ma credo che la visione di un incontro futuro, nel segno di un Amore Universale ed indissolubile, ci permetta di continuare il nostro faticoso cammino, pur privati, nel prosieguo del nostro camminamento umano, delle luci che hanno colorito e riscaldato i nostri giorni.
Buon viaggio,Liliana....
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