Festa della Donna



8 Marzo 2019

Vogliamo tornare ad affermare il nostro diritto alla vita perché vivere non è solo respirare ma è molto di più


La proposta di istituire una Giornata Internazionale della Donna è del Partito Socialista Americano nel 1909.

Nel 1921, in occasione della Seconda Conferenza delle Donne Comuniste, a Mosca, viene approvata la data dell'8 Marzo per la celebrazione, in ricordo della manifestazione femminile contro lo zarismo del 1917.


Sono falsi storici le attribuzioni del 1857 e del 1911, che fanno riferimento alla scomparsa di alcune operaie morte in fabbrica in un incendio scoppiato all'interno dei capannoni, nell'intento dei loro datori di trattenerle a lavoro, per evitare che queste ultime potessero prendere parte ad uno sciopero.

Nel 1946, nel corso della Conferenza Internazionale della Donna, fu scelta a Roma la mimosa come fiore simbolo del gentil sesso, perché semplice e poco costosa.

Di passi avanti, da allora, ne sono stati fatti, per le donne che ormai studiano e lavorano  fuori casa, in competizione su posti di ricerca e di comando, che ai primi del Novecento erano tradizionalmente attribuiti solo al sesso forte.

Mi piace ricordare, a questo proposito, la prima donna medico italiana, Maria Montessori, che è stata anche una grande pedagogista ed educatrice, e che ha ideato il "metodo Montessori" fondato su ambienti dedicati al bambino, e costruiti su misura per lui. I fanciulli, giocando, imparano i mestieri degli adulti, ed iniziano a rappresentarsi il mondo, come ideale immaginario e realtà possibile, in vista della costruzione del futuro.

La Montessori è stata grande nell'intuire, insieme alla "Casa dei Bambini", che è necessario applicare la stessa metodologia didattica dei ragazzi con disabilità anche ai normodotati. Perché l'insegnamento esprime sempre e comunque una funzione di sostegno, nella quale il bambino si affida all'adulto di riferimento come figura che gli dà sicurezza e che gli ispira certezze.

Nonostante queste donne, che sono un patrimonio storico e culturale del nostro territorio italiano, e che ancora oggi continuano a costituire un vanto per la comunità scientifica internazionale - pensiamo alle donne nello spazio come Samantha Cristoforetti - esiste, sul luogo di lavoro, ancora una forte discriminazione relativa alla retribuzione, che per gli uomini rimane potenzialmente più elevata.

Ma, soprattutto, assistiamo impotenti ad un crescendo di violenza sulla donna, brutalizzata dal suo compagno di vita quando una storia d'amore giunge al capolinea, e lei reclama il suo diritto a rifiutarsi di proseguire nel rapporto, scegliendo di abbandonare il maschio, per pensare a se stessa e alla sua stessa vita.

La ferita narcisistica dell'uomo non accetta la fine di una storia. Non facendosi capace che il punto lo può mettere anche la regina del focolare, abituata per secoli a dire sempre sì ai tradimenti, alle assenze, alle offese, alla violenza del maschio.

Così, spesso, legami familiari importanti, che hanno generato anche figli, terminano orribilmente con la mattanza della donna, violentata psicologicamente e fisicamente, in un crescendo che, nella maggior parte dei casi, culmina nel femminicidio.

La vera rivoluzione sessuale ormai consiste nel recriminare il primitivo diritto alla vita, che le donne devono scegliere di vivere come meglio ritengono, in piena libertà e consapevolezza, anche nell'abbandono dell'uomo, per proseguire sulla propria strada, e nel proprio cammino.

Alla donna, per anni vergine vestale, e ancella del focolare domestico, questo diritto umano non è ancora, di fatto, riconosciuto dal maschio che, esercitando violenza fisica e verbale, si arroga la priorità della scelta che la donna dovrebbe, invece, soltanto subire, nell'immaginario del sesso forte.

Nel 2019, nel mondo, è già boom di femminicidi. Soprattutto in America Latina, ma il caso Italia non è da meno.

Così, circa ogni due giorni, assistiamo impotenti all'allungarsi della lista di nomi femminili che ci ricordano che il maschio comanda ancora, che si sente il più forte, che non vuole accettare che la donna possa avere un cuore e un cervello pienamente autonomi e liberi dalla sua volontà.

Su questo ci dovrebbe aiutare a pensare e a riflettere la "giornata della donna". Che non sia solo la solita retorica ricorrenza di mimose e cioccolatini. Ma che voglia essere un'occasione di meditazione profonda per mamme, sorelle, compagne di vita, capaci di coinvolgere anche i propri uomini sul tema dei diritti umani, della libertà di tutti, della determinazione democratica a vivere e a scegliere, ciascuno, la propria strada e il proprio percorso, in piena autonomia e responsabilità, senza dover subire le scelte dell'altro, per quanto caro egli possa essere per la donna stessa che quelle scelte si trova a dover poi agire.

Vivere non è solo respirare, ma è molto di più.

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