Amicizia e dialogo


Chiedere per conoscere e sapere è segno di grande interesse per le cose. Quando questa curiosità si manifesta per l'altro è indice del bisogno di prossimità all'essere umano che ciascuno, in quanto persona, dovrebbe sentire di possedere. 


Chi è geloso dei propri vissuti, soprattutto di quelli che accompagnano il presente, si propone all'amico con delle zone umbratili che non sempre riescono gradite, ma che spesso sono causa di allontanamento e di abbandono.

Nella relazione a due la profondità si evince dal numero e dal peso di ciò che viene narrato all'altro.

Vi sono il piano dello scherzo; il momento della gioia; quello della condivisione. Ma esistono anche livelli di verbalizzazione che raccontano ciò che siamo, ciò che amiamo; se ci vogliamo bene così o se avremmo voluto essere diversi.

La narrazione di sé, dall'evento che accompagna l'esperienza quotidiana, per sottolinearla, all'episodio emblematico di vita vissuta, descrive lo status quo della relazione, fornendo utili indicatori della sua stabilità e della possibile durata del rapporto.

Perché non mi descrivo più di tanto all'altro, se non mi interessa. Parlo, invece, di me a chi voglio che impari a conoscermi. Non all'estraneo, o a chi reputo tale. Mi rappresento se ho voglia di mostrarmi quale sono. Per dire "eccomi, accettami per come sono, se mi vuoi".

Tutte le altre forme di conoscenza, sebbene vengano definite impropriamente "amicizia", sono superficiali e transeunti.

Riconoscete, perciò, l'amico, e chi vorrebbe esservi tale, da ciò che vi narra di sé.

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