Morire di eutanasia


Di notizie interessanti oggi, sulle prime pagine dei giornali, ce ne sono tante. Dalla procedura di infrazione di Bruxelles nei confronti dell'Italia, alla visita di Trump alla Regina Elisabetta, alla Brexit. Ma una, più di tutte, dovrebbe attirare l'attenzione dei lettori, per il caso umano che racconta.

Nei Paesi Bassi, una ragazza di soli 17 anni si è lasciata morire, di eutanasia, per la depressione che l'ha colta, dopo aver subito uno stupro, ripetuto per ben tre volte, dalla tenera età di 11 anni.

Noa, dopo la violenza, avrebbe iniziato a soffrire di stress post traumatico, di anoressia, e di depressione. Una lunga agonia dalla quale, nonostante il sostegno medico e psicologico, terapie adeguate, e ricoveri in cliniche specializzate, la ragazza non è mai riuscita ad uscire, chiedendo di voler morire, perché il peso della vita le sembrava divenuto intollerabile.

Sembra inconcepibile, nonostante lo stupro, che una ragazza così giovane possa ritenere la vita intollerabile già alla tenera età di 17 anni. Prima ancora di essere diventata maggiorenne.

Ma, nei Paesi Bassi, l'eutanasia, che è comunemente praticata, su richiesta dei pazienti, e dei loro cari, può essere concessa già a partire dai dodici anni di età.

E così Noa, domenica scorsa, assistita da una equipe di medici, e con il consenso di sua madre, si è lasciata andare alla dolce morte prima di essere dichiarata, per noi italiani, maggiorenne, e quindi capace di fare in autonomia e libertà, ma sempre responsabilmente, le sue scelte di vita.

Ammetto che l'eutanasia è, in alcuni casi, una morte pietosa, che si deve prendere in considerazione e, laddove necessario, concedere. Ma mi lascia perplessa l'idea che a soli 12 un ragazzino o una ragazzina possano decidere in piena consapevolezza di voler rinunciare alla vita. Perché davvero 12 anni sono troppo pochi per poter dire basta, e dichiarare insopportabile il peso della vita stessa.

Non voglio giudicare la mamma di questa ragazza, probabilmente anche lei spezzata dal dolore che, così giovane, ha colto la figlia. Mi auguro che chi ha abusato di quella che era ancora una bambina sia stato assicurato alla giustizia, per scontare la sua pena in modo esemplare.

Probabilmente, in alcune situazioni, come questa, in assenza di malattie terminali e particolarmente invalidanti, lo stato dovrebbe aiutare a vivere, piuttosto che a morire.

In questa triste storia, dall'epilogo drammatico, trovo molta solitudine, e decisamente assai poca umanità. Mamma e figlia sono state aiutate dalla scienza a praticare la dolce morte. In fin dei conti la scelta più semplice, e meno dolorosa per tutti. Che elimina il problema, cancellando una vita e la storia di una persona con il suo carico di sofferenze e di dolori.

Non trovo, invece, alcuna prossimità affettiva, alcuna pietas, nel senso etimologico della parola, alcuna sensibilità umana nei confronti di chi stava soffrendo. Manca la comunità, il confronto del dialogo e della narrazione della malattia. Manca la vicinanza. La condivisione. La partecipazione.

E dove tutto questo viene a mancare si riempie il vuoto con la scienza medica. Proprio come avveniva ad Auschwitz, in cui l'orrore era sepolto dietro un'apparenza fatta di ricerca e di progresso, le cui cavie sperimentali erano, guarda caso, degli esseri umani, cui era stato tolto tutto, anche la dignità di esistere.

Perché la decisione di Noa non può essere ritenuta una scelta libera e consapevole. Non esiste alcuna libertà responsabile in chi è affetto da depressione, in chi smette di mangiare e bere per lasciarsi morire.

Sentivo stasera in tv il commento di uno psichiatra che discutendo il caso molto correttamente, a mio parere, definiva il desiderio di morte di Noa un sintomo della sua patologia depressiva, e non una scelta libera. 

In questo caso concedere l'eutanasia, senza intervenire fino all'estremo tentativo di salvare una vita, mi sembra una leggerezza intollerabile, e anche una mancanza di amore, che non è un voler obbligare a vivere, quanto piuttosto voler concedere a chi è in difficoltà la possibilità di continuare a farlo, scegliendo consapevolmente, soltanto dopo aver riacquistato l'equilibrio e la salute mentale; la capacità di intendere e di volere.

Commenti

Post popolari in questo blog

Magia e stregoneria

Magia e Scienza

IL COMPORTAMENTO MAGICO