Virtuale troppo virtuale
Com'era bella la scuola di una volta!
Con i libri di carta, gli zaini e i quaderni; con le penne e le matite. Con i colori a pastello e i pennarelli; i banchi tradizionali e la lavagna di ardesia. Con i gessetti bianchi che graffiavano, e si cancellavano con il cassino.
Oggi solo tablet e registri online. Libri scaricati sugli ipad. Computer e lavagne luminose - le lim - mentre in alcune aule se manca la connessione non si può usare nemmeno la lavagna, perché quella tradizionale, si sta estinguendo lentamente, ma inesorabilmente.
Le aule sono diventate laboratori, dove si lavora al buio, senza guardarsi negli occhi.
E tutto rischia di diventare freddo e distante, vuoto e lontano.
Non rinnego la tecnologia e il suo utilizzo al passo con i tempi. Ma, proprio perché le tic sono uno strumento per fare scuola, e non costituiscono l'essenza della lezione, rivendico il diritto di tornare a guardare negli occhi i miei alunni; di poter con loro dialogare, fosse anche per scontrarmi apertamente e dialetticamente.
Desidero che la filosofia esca dal virtuale e torni a riecheggiare nelle parole lette dai libri; nelle riflessioni narrate ad alta voce; nel dibattito de visu; nell'argomentazione dialettica tra due tesi tra loro opposte.
Perché questa è stata, è e sarà sempre la filosofia. Quella buona e autentica. E non può essere nient'altro.
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