Interconnessi nel tempo sospeso
Oramai siamo tutti perennemente connessi al web. Online, in chat o in video. Da smart o da remoto. In telelavoro o in smart working. Noi docenti conosciamo bene tutte le piattaforme in uso in questo periodo. Usiamo classroom, weschool, meet, zoom, skype...Una vita da iperconnessi, che certamente avrà delle ripercussioni forti anche quando tutto questo sarà finito, e si riprenderà, per quanto possibile, la vita normale. Sì, perché la connessione sta cambiando radicalmente il nostro modus vivendi. Per lavorare non c'è più bisogno di incontrarsi. Anzi, è più proficuo lavorare online, perché si risparmia tempo, evitando spostamenti e, diciamolo pure, chiacchiere spesso inutili ed improduttive. Online si va subito al punto, e si rimane sul pezzo. Il focus si sposta dalle persone agli obiettivi, e agli scopi della riunione, e dell'incontro. Mancano gli approcci fisici. L'abbraccio e la condivisione degli sguardi de visu, ma nella relazione lavorativa non sono necessari i contatti personali. Insomma, buona parte del mondo del lavoro, prosegue benissimo, se non anche meglio, attraverso la relazione online.
Il problema nasce quando si parla di rapporti interpersonali, di natura affettiva e relazionale. Perché effettivamente, ciò che ci è stato sottratto non è tanto il livello della relazione. Perché quella, tra adulti, rimane possibile ancora, proprio attraverso la chat o la videochiamata. Ciò che ci viene quotidianamente strappata è la dimensione corporea, della fisicità dei nostri rapporti. Mentre vengono impediti gli abbracci, e le strette di mano; i baci e le carezze, ci viene sottratta la dimensione esperienziale della nostra esistenza. Che è fatta prevalentemente di sensazioni ed affetti reali, che passano, ma in maniera molto dilavata, attraverso lo schermo del monitor dei pc, ipad, tablet e cellulari.
Mancano gli incontri reali, quelli fatti di carne, di sorrisi e di sguardi incrociati, di parole che si toccano, cercando nell'altro la prossimità dell'umano. Manca il contatto fisico, la stretta di mano come l'amichevole pacca sulla spalla. Manca l'annusarsi vicini, nel respirare l'aria della reciproca bolla privata. Manca l'irruzione quotidiana dell'altrui vita nella propria per scambiare quello che tutte le parole non possono dire. Manca il silenzio greve di significato, a punteggiare l'evento della narrazione, per lasciarne sedimentare il senso più autentico e vero. Ed è, questa, la pausa riflessa di tanto ridondante rumore. Di tante parole vomitate, non dette, in tempo di pace. Mentre lo scorrere dei giorni incalza veloce verso il suo inesorabile tramonto, sulla mia come sull'altrui vita.
Eppure, mi piace questo tempo sospeso. E non mi basta mai. Perché ne vorrei ancora, e ancora... Per ritrovare gli affetti interiori. I miei più intimi sospiri. Le ansie e i silenzi riposti in un altrove dell'anima che non riesco più a scorgere nella fuga del mondo. Reclamo la mia tana. Il ritorno alla privacy dello spazio individuale che non stanca. La pausa agognata dal lavoro, quando si rende fatica. Trovo dolcissimo il perdermi nella bolla d'aria intatta dei miei pensieri. Tre le mie cose che sono solo mie, quando non devo condividerle.
Benedetto sia questo tempo. Sospeso tra la morte, e la vita che continua, nelle membra vecchie e stanche che resistono, per rifiorire di energia nuova nel pianto del nascituro che ancora viene alla luce. Benedetta questa pausa della vita dai ritmi stressanti. Benedetto il silenzio tra le parole urlate. Benedetto il riposo dal quotidiano correre senza costrutto. Benedetta la consapevolezza che riscopro al comprendere che la vita è bella perché muore. Che bisogna godersela amandola ad ogni istante.
Che è necessario credere nella libertà, nel coraggio, nella voglia di continuare a vivere, e nella determinazione a farlo. Perché è troppo presto, quando si fa sera, per andare a dormire. E il giorno, come la vita stessa, vanno goduti fino in fondo. Fino all'alba di ciò che arriva all'alba del giorno dopo... che anche quando riprenderà nel suo ritmo incessante di fuga verso l'altrove, rimarrà sospeso tra il tempo che è solo mio, nel cui spazio si può entrare soltanto in punta di piedi, per non irrompere ferendo, ma per accarezzare, con sguardo e parole nuove...
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