Contro l'esaltazione della banalità
Libri buoni e mercato dei libri
due rette parallele che non si incontrano mai
Adoro scrivere, scriverei su tutto, quando posso. L'ho detto, e scritto, tante volte. Ma scrivo prevalentemente per me stessa. Non posso farlo per chi mi leggerà. E forse questo è un limite, ma a me, personalmente, pare che questo sia il solo modo per scrivere in maniera autentica e genuina. Perché non si può scrivere a comando. E chi ama farlo, e si esercita in quest'arte per passione pura, può capirmi. Certo, i libri si scrivono per una platea di potenziali lettori.
Ma è anche vero che a volte si leggono, e si comprano, libri che vengono portati alla ribalta dalla pubblicità, o che trovano buoni canali di distribuzione, anche se tutto ciò, vorrei che si capisse, finalmente, non ha niente a che vedere con la buona scrittura, con le qualità di uno bravo, e con quello che viene definito un buon libro. Ed è qui, precisamente, che va fatta una doverosa distinzione tra la scrittura ed il business del mercato che ad essa si affianca.
Perché un buon libro non necessariamente avrà un buon mercato, una pubblicità degna, e una valida distribuzione. Così come un buon mercato di libri non fa, sic et simpliciter, delle sue merci dei libri altrettanto buoni. Quello è altro, e fa parte di tutto quanto ruota attorno al mercato dell'editoria, che fa vendere pattumiera, purtroppo, lasciando ad impolverarsi negli scaffali, quando ci sono, libri di valore, che magari richiedono più attenzione e impegno nella lettura. Libri buoni e di valore, non sono, difatti, la stessa cosa che libri di mercato o mercato dei libri. È tutta qua la differenza. E non è una differenza da poco conto.
Per questo non scrivo per gli altri, ma lo faccio unicamente per me stessa. Perché se scrivessi per i lettori, per farmi comprare, dovrei necessariamente abbassare il tiro e la qualità di quello che scrivo. Ma non sarei più io, e mi snaturerei.
È lo stesso ragionamento che mi porta a fare un giornalismo libero da dictat di qualsiasi tipo. Scrivo gratuitamente perché rifiuto di avere padroni alla mia scrittura. Non accetto l'idea che un direttore di giornale mi possa dettare l'argomento, e farmi scrivere a casa il compitino. E la stessa cosa vale per la mia scrittura in senso lato, anche quando pubblico un libro.
La mia scrittura è libera. E lascio all'intelligenza dei lettori di comprendere il senso ed il valore di tutto questo. Perché c'è una profonda differenza tra chi nasce libero e chi nasce servo. E io sono nata libera. Libera anche di non farmi leggere e comprare da chi non può capire...
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