Il paese dell'accoglienza


Modello Riace
Un nuova città del futuro pensata per favorire il ripopolamento e l'integrazione razziale che sostituisce l'emigrazione con l'immigrazione 

Il sindaco di Riace Mimmo Lucano è diventato famoso in tutta Italia dopo i suoi arresti, per presunte irregolarità nella gestione del problema immigrazione al suo paese, Riace, nella Locride, in Calabria.
Questo perché in Italia le cose avvengono sempre al contrario.
Sì, perchè Mimmo Lucano avrebbe dovuto assurgere agli onori della cronaca già da molti anni, e per ben altri motivi.
Lucano, che è sindaco al terzo mandato, e che è stato scarcerato con l'obbligo di andare via dal suo paese, zona che, Bronzi di Riace a parte, è da tempo tristemente nota per le affiliazioni mafiose, e che si è per questo motivo progressivamente spopolata nel tempo, è stato l'iniziatore del Modello Riace, che vuole integrare nella comunità preesistente gli immigrati in arrivo. 
Il progetto prevede di ripopolare i piccoli centri ormai quasi del tutto disabitati, salvando mestieri e attività desuete, che nessuno vuole più fare, ma che hanno la necessità di essere rilanciate, per il recupero della tradizione, e per l'economia di quei centri abitati del Mezzogiorno, dove non c'è chi voglia occuparsi di artigianato, di botteghe, di orticelli e coltivazioni.
Il Mezzogiorno italiano è ricco di questi borghi che si vanno spopolando, perché i giovani preferiscono emigrare al nord, per studiare o lavorare. E tanta parte del nostro patrimonio storico e artistico rischia di scomparire nel nulla.
Il lavoro importante del Modello Riace consiste, invece, proprio nel riportare in vita le attività dei piccoli borghi, ricchi di memorie e di tradizioni, recuperando le strutture dei centri storici e medioevali, e impedendo che scompaiano del tutto quelle antiche attività artigianali delle botteghe del calzolaio, del falegname, del fabbro, che non interessano più ai giovani.
Il Modello Riace costituisce, pertanto, un valido sistema di integrazione con gli immigrati in arrivo, che vengono accolti nella comunità del luogo, e avviati a svolgere quelle attività importantissime, e dal sapore atavico, che altrimenti finirebbero per scomparire, ripopolando, nel contempo, il paese, ormai quasi del tutto abbandonato alla popolazione anziana, costretta a restare.
Riace può costituire l'esempio di una possibile città del futuro, pensata per l'integrazione razziale e volutamente diffusa per il recupero del patrimonio storico e artistico, e delle tradizioni e dei mestieri antichi dei piccoli centri e dei borghi medioevali italiani, a rischio spopolamento, dove all'emigrazione viene sostituita l'immigrazione.
In questi giorni, circola nelle sale cinematografiche il bel film di Pippo Mezzapesa Il Bene Mio, che accenna alla possibilità di offrire riparo e case agli immigrati, per ripopolare vecchi centri ormai abbandonati a se stessi e quasi del tutto disabitati, come la cittadina di Provvidenza - l'Apice campana - ancora inagibile dopo un forte terremoto, che costringe i suoi abitanti ad emigrare nella piana sottostante di Provvidenza Nuova.
Solo un nostalgico, insieme ad una giovane immigrata, abitano quelle strade ormai deserte. Ma di lì si può ripartire per iniziare il recupero e la ricostruzione di quanto rischia di essere totalmente abbandonato all'incuria, nel disinteresse generale.
Bisognerebbe iniziare a pensare in modo differente, considerando che la diversità è una ricchezza, non una sottrazione né un impoverimento.
L'integrazione razziale è un problema troppo serio per liquidarlo semplicisticamente, in due battute, con la chiusura delle frontiere, e dei porti.

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